Il lettore a cui alludo nel titolo di questo post si chiama Roberto Graziotto, un amico che vive in Germania, insegna nelle scuole superiori, fa filosofia e segue con attenzione sia l’attualità che il passato, nei suoi dinamismi di pensiero e di fattualità. Li osserva, ci riflette su, e offre i suoi pensieri in rete, con una versatilità di approcci che non fa torto alla profondità. Ci sarebbero tante altre cose da dire su di lui, ma non è questo lo scopo di queste righe, che invece rimandano al blog che porta il suo nome – un Diario filosofico e teologico aggiunge il sottotitolo – dove il lettore che voglia seguire il mio consiglio può andare e prendere visione di quel che ho appena detto.
Mi muove invece il modo singolare con cui questo lettore sui generis sta leggendo il libro Epifanie. Lo legge poco a poco, senza fretta, e si confronta con le parole, le frasi, i concetti che vi vengono espressi. Letteralmente strizza il libro e compara quel che vi si dice con la sua realtà personale e quella di una società ben diversa dalla baraccopoli da cui Epifanie prende le mosse. Una società evoluta materialmente, culturalmente post-moderna, con macchie di cattolicesimo che galleggiano in un mondo protestante anch’esso emarginato dalla cultura prevalente. Scrive Graziotto: «Nella Germania centrale in cui, come in tutta la Repubblica tedesca, vi è un sistema sociale di supporto per i poveri, non vi è una storia di “povertà cronica” nel senso qui sopra descritto, anche se vi sono poveri. Una ragazza che veniva da Milano si rifiutò di vivere nella casa di una allieva della scuola San Cristoforo, con il gabinetto fuori dall’alloggio. Il padre ne fu umiliato, anche se la ragazza italiana cercò di essere il più gentile possibile. Poi vi sono povertà improvvise come quella di un padre che educa da solo i suoi ragazzi e che per un incendio ha perso tutto ciò che aveva o come quella di un’altra ragazza che perse la stabilità economica per la morte improvvisa del padre».
Con questa realtà, Graziotto confronta l’altra realtà, quella di una villa miseria argentina alla periferia di Buenos Aires, ne misura affinità e distanze, contrasti e similitudini, il tutto alla luce della “filosofia dell’essere come amore” che è la sua chiave di lettura. «I racconti minimi di Epifanie» scrive «sono certamente espressione di un amore gratuito in una povertà cronica, che in un certo senso non è possibile in Germania».
Quello di Graziotto è un vero tentativo di dialogo, e per questo lo segnalo. Che in un certo senso smentisce chi dubita che le parole possano portare buoni frutti. Chi desideri può prenderne visione aprendo il blog a cui rimando.