Arrivederci, padre Gutierrez!

(a.m.) La notizia è risaputa, padre Gustavo Gutierrez è morto (Nella foto di Vatican News è ripreso con papa Francesco). L’autore di questo blog ha incrociato la vita del sacerdote domenicano in varie occasioni, una delle quali è citata nell’articolo di Lucio Brunelli uscito sul settimanale italiano Vita, che pubblichiamo di seguito. Ce ne sono altre, meno conosciute; più numerose ancora sono le volte in cui il dialogo, il confronto, lo scontro anche, è avvenuto a distanza con i mezzi a disposizione negli anni ’80 e ’90, riviste e giornali soprattutto. Innumerevoli, poi, i dialoghi, i confronti, gli scontri avvenuti per interposta persona. Penso alle discussioni tra il pensatore e amico Alberto Methol Ferré e il padre della Teologia della Liberazione, Gustavo Gutierrez per l’appunto. Ci saranno altre occasioni per parlarne. Per il momento pubblichiamo l’onesto e preciso articolo di Brunelli, che di molti dei momenti a cui mi riferivo è stato testimone.

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(Lucio Brunelli) Se ne è andato nella notte, in grazia di Dio, nella stessa città, Lima, dove 96 anni fa era venuto al mondo. Gustavo Gutierrez, religioso domenicano, piccolo di statura ma di grande influenza intellettuale, è famoso come il padre della teologia della liberazione. Fu lui stesso a coniare questo termine in una conferenza tenuta nel 1968 a Chimbote, in Perù. Sua è anche l’espressione “opzione preferenziale per i poveri” che, nello stesso anno, fu adottata dalla Conferenza dell’episcopato latino-americano di Medellin e poi entrò anche nel linguaggio del Magistero dei papi. A muovere la riflessione di Gutierrez era, da un lato una forte indignazione verso la condizione di miseria in cui versavano le plebi latinoamericane, dall’altro il desiderio che i cristiani del continente potessero impegnarsi nella lotta contro la povertà con nessun’altra motivazione ideale che non fosse la propria fede cattolica.

Le differenze con Leonardo Boff. Erano, quelli, gli anni della massima fortuna intellettuale del marxismo e qualche prete, ben pochi in realtà, indossarono il basco alla Che Guevara e abbracciarono il mitra confondendo l’evangelica predilezione per i poveri con la “scelta di classe” e la liberazione cristiana con la rivoluzione comunista. Tali derive estremiste negli anni Ottanta portarono il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio a pubblicare ben due “Istruzioni” sul tema della teologia della liberazione, che i media presentarono come atti ostili verso il pensiero di Gutierrez e del francescano Leonardo Boff, che di tale teologia era diventato un esuberante paladino. In realtà lo scopo di Ratzinger era quello di purificare le istanze più autentiche di questa corrente teologica da possibili incrostazioni ideologiche e contaminazioni marxiste. Va detto infatti che nessuna opera di Gutierrez fu mai accusata di eresia, a differenza di padre Boff (che fu inquisito non per le idee sulla teologia della liberazione ma per la sua ecclesiologia considerata eterodossa).

In disaccordo con molti discepoli. Lo stesso Gutierrez non si riconosceva nelle elaborazioni di tanti suoi sedicenti discepoli. In una lunga conversazione con il mensile 30Giorni, nel 1986, il religioso peruviano confidava: «Con tutta una serie di interpretazioni e di maniere di intendere la Teologia della liberazione sono in completo disaccordo» (Discutiamone, padre Gutierrez… a cura di Francesco Ricci e Alver Metalli, 30Giorni, 1986, n. 2, pp. 42-51). Quella lunga conversazione (11 pagine!) rivelava anche l’apertura mentale e il carattere mite del teologo, il quale motivava così la sua scelta di parlare con un mensile noto in quegli anni per la sua vicinanza alle posizioni del cardinale Ratzinger, «perché la mancanza di dialogo favorisce l’inimicizia e l’inimicizia distorce le posizioni».

Nel 1988 Gutierrez pubblicò un’edizione rivista e corretta della sua opera più importante Teologia de la Liberación. Nella introduzione spiegava che alcune parti del suo scritto, tra cui il capitolo su “Fraternità cristiana e lotta di classe” avevano dato luogo “a malintesi che vogliamo dissipare”.

Uscire dalle contrapposizioni dialettiche. Gutierrez invitava inoltre a uscire dalle secche di una dialettica sterile e ormai autoreferenziale, tra fautori e oppositori della teologia della liberazione. Più saggio guardare lontano, “al di là del nostro piccolo mondo, delle nostre idee e discussioni, dei nostri interessi, di brutti momenti e – perché non dirlo? – delle nostre ragioni e dei nostri legittimi diritti. La Chiesa in America Latina richiede di unire le proprie forze e di non sciuparle in discussioni di corto respiro. Potrà così ‘cogliere l’occasione’ di una nuova evangelizzazione da compiere, mantenendosi solidale con tutti, a partire dai più poveri e dai più insignificanti”.

Parole lungimiranti e non sempre accolte da tutti i “contendenti”. In America latina crebbe tutta una leva di chierici che, della lotta alla teologia della liberazione fece compito quasi esaustivo di vita, ricavandone benefici ecclesiastici ma provocando come contraccolpo nella Chiesa latino-americana una pace che assomigliava troppo alla quiete dei cimiteri.

L’incontro con Francesco. Le cronache riportarono alla ribalta Gutierrez nel 2013, quando al Soglio di Pietro ascese un figlio della chiesa latino-americana, Jorge Mario Bergoglio. Il nuovo Papa nutriva stima profonda per il religioso peruviano, sebbene Francesco si fosse riconosciuto di più nella “Teologia del pueblo” dei suoi amici Lucio Gera, Juan Carlos Scannone e Alberto Methol Ferrè. Pochi mesi dopo l’elezione, l’11 settembre 2013, il Papa argentino lo invitò alla messa a Santa Marta, dove concelebrarono l’eucarestia. Nel pomeriggio, poi, sull’Osservatore romano uscì una sua lunga intervista. Qualcuno la lesse come una “riabilitazione” del controverso teologo, al che Gutierrez replicò, sorridendo, che non c’era nulla da riabilitare perché mai era stato condannato dalla Chiesa. Ci fu anche chi, già allora, fu pronto a vedere, in questa amicizia del Papa con Gutierrez, la prova del suo presunto “filo-marxismo”.

L’amicizia col prefetto dell’Sant’Ufficio. Ma a zittire le più becere insinuazioni fu un cardinale non certo sospettabile di simpatie rivoluzionarie o di eccessivo amore al sovrano pontefice: Gherard Ludwig Müller, a quel tempo prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che proprio nel 2013 pubblicò un libro scritto a quattro mani con il suo amico Gustavo Gutierrez, Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa. Il libro fu presentato a Roma davanti ad una folla di vaticanisti e la conferenza si concluse, ricorda oggi Vatican news, con il dono al porporato tedesco di un caratteristico poncho dei contadini poveri delle Ande peruviane.