(Alver Metalli) Ricordiamo il colpo di stato in Cile dell’11 settembre 1973 (il murales di copertina, invece, è di oggi e commemora i 50 anni da quel momento. Foto AP) segnalando tre articoli che Luis Badilla, oggi direttore dell’agenzia Il Sismografo, ha scritto su quel momento drammatico e la sua preparazione, «una ferita mai guarita – la chiama -come accade quando si lacerano i sentimenti. Fu il giorno della ferocia di Pinochet e dei suoi sudditi; il primo momento di una lunga e grande sconfitta e il primo di un esilio senza ritorno. Allora è stato infranto il sogno di molte generazioni che credevano che si poteva cambiare in meglio senza violenza, despotismo e menzogne. Purtroppo, non è andata così e ora celebriamo e ricordiamo una sconfitta tragica, l’annientamento della speranza di milioni di cileni». Quel giorno, scrive Badilla, «segnò al contempo l’inizio di un progetto politico – quello di Pinochet – omicida e pagano dove la vita umana “degli altri” era l’ultima da rispettare».
Badilla è cileno e gli avvenimenti di quei giorni, come si potrà leggere negli articoli proposti in coda, li ha vissuti in prima persona, fino all’abbandono del suo paese, all’indomani del golpe, proprio grazie all’aiuto del cardinale Raúl Silva Henriquez e quello dell’allora arcivescovo di Città del Panamá, Marcos McGrath.
Badilla, che è stato ministro del governo Allende, scrive di essersi messo in comunicazione proprio con Silva Henriquez e avergli commentato i movimenti premonitori di cui gli giungevano notizie. «Questa notte non ho dormito. Ho lavorato e pregato» gli ha detto l’arcivescovo di Santiago. «La notte è fredda, molto buia. Sembra che il mattino non voglia arrivare. Oggi non ci sono stelle, Luis”.
Silva Henriquez è deceduto nell’aprile 1999 a 92 anni, ed oggi è «molto amato e ricordato e non solo in Cile – annota Badilla – resterà nella memoria di molti cattolici e non cattolici come una delle figure monumentali della storia latino-americana».
Badilla fu anche testimone dell’estremo tentativo di scongiurare il precipitare della situazione. Partecipò all’incontro con il presidente della Democrazia Cristiana cilena Eduardo Frei, nella casa del cardinale. Ma non ci fu nulla da fare. «Frei – scrive Badilla negli articoli a cui rimandiamo – rifiutò sempre qualsiasi incontro poiché, come dimostrano i fatti successivi al golpe del 1973, lui era già parte di un complotto per rovesciare Allende». «Oggi, a 50 anni di distanza – conclude il direttore de Il Sismografo – si deve dire che il Presidente Allende e il cardinale Silva fecero di tutto fino all’ultimo istante per evitare una delle peggiori tragedie dell’America Latina del ‘900».
Ricordare l’inizio della “notte senza stelle”, come la chiamò il cardinale Silva Henriquez, non è mera rievocazione storica. Oggi, mezzo secolo dopo quegli avvenimenti, vediamo come i pericoli per la democrazia non siano affatto superati nell’America Latina odierna.
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